La Frusta Castigatrice di Valeria, la Dominatrice Notturna

La Frusta Castigatrice di Valeria, la Dominatrice Notturna

Lavoravo in una delle cliniche private più rinomate della città milanese ai tempi della mia formazione come infermiere professionale. Giovane, alto, atletico, non eccessivamente attraente ma comunque al di sopra della media in confronto ai miei coetanei grazie ai miei occhi azzurro-grigio a seconda delle angolazioni della luce.

Provenivo dal sud della penisola e non avevo mai smesso di perdere il mio fascino legato alle mie radici, ma avevo lasciato che la frenetica vita di città mi rendesse schiavo del tempo perdendo la gran parte degli eventi mondani attraverso i quali avrei potuto trovare una piacevole compagnia.

Fu uno dei pazienti della clinica a passarmi il contatto di Valeria. L’avevo vista la prima volta in foto, minuta, ma aggraziata in quei boccoli neri, le labbra dipinte di rosso e il mascara come unico make-up per gli occhi scuri.

Indossava un completo unico in pelle lucida nera con una zip centrale semiaperta sul seno abbondante, un paio di stivali con tacchi a spillo e una frusta nera tra le mani. Non si trattava di un’immagine promozionale da copertina ma dello scatto amatoriale di un cliente.

Valeria e la sua frusta castigatrice, o almeno utilizzando queste parole, l’uomo mi aveva raccontato di lei prima di prepararsi per un intervento di routine. Inizialmente avevo confuso Valeria con una prostituta comune e in qualche modo la era, ma di quelle da rango dei piani alti, tra le più accreditate del luogo e con una vastità di clienti proveniente dai piani alti.

Mi era costato una piccola fortuna ottenere un appuntamento nel cuore della notte ma la sua immagine, unita ai racconti dettagliati del mio paziente, mi avevano convinto senza riserve. Ognuno di noi nasconde una parte oscura e segreta che generalmente è solito tenere al riparo da opinioni indiscrete, tutti quanti, compreso me.

Il mio vizio non si rifaceva al fumo, né agli eccessi di alcool o sesso, ma ad un bisogno primordiale di avvertire un certo grado di dolore per poter raggiungere l’orgasmo migliore senza alcuna penetrazione o coinvolgimento di labbra assetate.

La mia passione per il sadomaso si distaccava dall’immagine comune della maggior parte delle persone. Non avrei mai sfiorato una donna, ma mi ero lasciato dominare totalmente da diverse di loro nel corso della mia giovane esistenza.

Ottenni un appuntamento con Valeria nel centro della città milanese in un attico fra le residenze considerate più abbienti. Non mi feci alcuna domanda in merito, ma mi limitai a suonare sul campanello alla voce di V.V.

Era stata Valeria ad aprirmi, avvertita dall’ormai il mio ex paziente, aveva riconosciuto la mia fisionomia e mi aveva invitato ad entrare con fare deciso. Indossava l’esatto completo della fotografia che avevo visto ma dal vivo la sua sensualità mi era apparsa decisamente più forte.

L’attico possedeva un carattere moderno con mobili in legno lucido, divani in pelle e una tipica cucina in stile americano. Valeria mi aveva condotto all’interno di una stanza adiacente al bagno, scoprendo al suo interno luci soffuse tendenti al rosso e un arredo decisamente dark.

Nessun letto, solamente candele e candelabri antichi all’impatto estetico, una serie di fruste dalle diverse dimensioni appoggiate su di un tavolo a specchi nel centro della stanza. La base di un letto sollevato e sorretto da possenti catene in posizione verticale aveva lasciato presagire lo svolgimento della mia personalissima seduta sadomaso.

Valeria mi aveva prepotentemente spinto con la schiena contro il materassino in pelle, legandomi i polsi alle manette pendenti dalle stesse catene. Non ero stato avvertito della sua veemenza e in un attimo mi ero ritrovato con una camicia di quelle buone da buttare, completamente strappata e con i jeans abbassati alle caviglie.

La frusta scelta per me faceva parte di una delle più grandi, mentre il suono della sua voce calda mi aveva intimato di obbedire e di richiederle dolore.

Alla prima vera frustata sul petto non avevo pensato alle conseguenze dei segni che sarebbero rimaste visibili per settimane, al contrario avevo assaporato un dolore intenso e un senso di piacere in grado di lasciare il mio membro eretto al punto di gonfiore massimo all’interno dei miei slip.

Come un tossicodipendente alla ricerca di una dose successiva l’avevo pregata di colpirmi di nuovo, ma in tutta risposta iniziale Valeria aveva deciso di abbassare anche i miei slip per soffiare con delicatezza un velo del suo respiro in direzione dei miei testicoli, attraverso un unico gesto gentile e ponderato.

Mi aveva lasciato supplicare come un bambino inerme e scontento con le lacrime agli occhi prima di colpirmi nuovamente sulla parte bassa del ventre, decidendo di appoggiare uno dei suoi tacchi in direzione del mio inguine.

Era diventata la mia padrona con la sua frusta castigatrice senza doversi spogliare, senza doversi concedere. Lo strumento del mio piacere si era abbattuto si di me tramite una scarica di colpi prima di proseguire verso il basso dei miei testicoli.

La mano di Valeria riuscì a dosare forza e prepotenza, con la delicatezza stessa di chi rimane consapevole dei propri limiti, riconoscendo il limite massimo oltre il quale non doversi spingere. Tre frustate in tutto per raggiungere uno degli orgasmi migliori protratti sotto tortura ansimante.

Mi ero ritrovato successivamente bagnato e sporco del mio stesso sperma colato lungo le mie cosce e le mie caviglie, ma appagato, come pochissime altre volte mi sono sentito nel corso della vita.