Fantasie Eccitanti: Sesso da Strada

Fantasie Eccitanti: Sesso da Strada

Come tutte le cose, con il trascorre del tempo, anche la relazione con Rebecca si era ritrovata nel bel mezzo di uno stallo sentimentale dettato in maggioranza da un rapporto d’abitudine.

Avevo conosciuto Rebecca tramite amici comuni frequentanti la mia stessa palestra dove ero solito allenarmi con regolarità, qualche cena e uscita in gruppo per scoprire che gli sforzi protratti non si erano poi rivelati del tutto sprecati e che avevano saputo aggiungere una certa dose di fascino alla visione estetica di me stesso.

Rebecca frequentava un corso di aerobica da appena un mese, poco più giovane di me, con un corpo decisamente nella norma, ma due seni discretamente abbondanti e un lunghi capelli scuri da trarre a sé durante il sesso più sfrenato.

Per diverso tempo non avevamo avuto bisogno di diversivi, scappatelle oppure oggetti con i quali aumentare le dosi del piacere reciproco, ma durante la prossimità della soglia del secondo anno per entrambi il livello di carica erotica era apparso in netto calo.

Rebecca aveva deciso di acquistare completini in latex fruste, vibratori e creme massaggianti, ma anche quegli episodi si erano ridotti alla sola compensazione di appena qualche mese di ritrovata complicità prima di ritornare all’interno del vortice dello stallo.

Senza alcuna intenzione di porre fine alla nostra relazione, o di vedere altre persone, avevamo optato per un’idea suggerita a Rebecca per scherzo da un’amica. Mentalmente aperto e predisposto avevo lasciato che si occupasse di tutto, senza porre alcun limite o freno alla sua ritrovata fantasia sessuale.

Sotto le sue precise indicazioni accettai di imboccare uno dei vicoli più malfamati della capitale dove si trovavano solitamente alcune prostitute solite lavorare in proprio, all’orario più fondo della notte.

Avevo percorso diversi metri in auto, ma alla velocità del passo umano, per distinguere e riconoscere la sua figura al di là di uno dei pochi lampioni presenti in fila lungo il viale. Rebecca si era affrettata a fermarmi vestita soltanto in intimo e calze reggenti, coperta da un cappotto color crema semi aperto che lasciava intravedere il suo seno per la maggior parte.

Nel giro di breve tempo mi ero ritrovato confuso e particolarmente in collera con lei, poiché chiunque sarebbe potuto passare in quel viale per fermarsi e spogliarla del tutto, impossessandosi della sua pelle a me concessa fino a quel momento.

L’obiettivo di Rebecca era proprio quello di apparire estremamente sexy, a disposizione di qualsiasi altro uomo ma di volersi negare a loro per attendere me. Poco più avanti del viale si trovava un piccolo parcheggio incustodito dove non passava quasi mai nessuno e dove decisi di fermarmi per estrarla con forza e decisione dall’auto.

Avevo deciso di spingerla contro un muro in parte diroccato e di afferrarla per le spalle esprimendo tutta la mia contrarietà a quell’episodio. Allo stesso tempo però non potevo tralasciare anche un profondo senso di eccitazione, mentre le mie parole la ricoprivano di insulti decisi di strappare in parte il suo reggiseno nonostante il freddo delle temperature tipiche di gennaio.

I suoi capezzoli si erano immediatamente irrigiditi sotto la morsa della mia stretta, mentre con enorme ed eccitante stupore mi ero reso conto che non indossava alcun intimo in direzione delle parti basse. Le autoreggenti mi avevano in precedenza illuso, così che la sua vagina era rimasta esposta per un lasso di tempo imprecisato in quel viale come la più comune delle prostitute.

Le parole di Rebecca mi avevano inoltre spronato a tirare fuori una rabbia ancora maggiore, invogliandomi ad un sesso diverso, maggiormente spinto e completo.

Avevo successivamente morso il suo capezzolo destro con nuova forza, fino a farla gridare di un piacere misto al dolore, per poi decidere di afferrarla per la coda e obbligarla a voltarsi di schiena. Le avevo sfilato il cappotto incurante del freddo per scaraventarlo a terra e prendere a schiaffi le sue natiche per poi ritornare ad afferrale i seni con le mani e puntare il mio membro voglioso contro l’entrata del suo ano.

Prima di sbottonare i miei jeans e lasciarlo uscire avevo preso nuovamente a schiaffi quelle natiche pronunciate e ormai arrossite, per voltarla nuovamente verso di me e prendere a sberle anche i suoi seni che rimbalzavano dal basso verso l’alto. In tutto questo Rebecca aveva continuato a provocare la mia rabbia, finché non decisi di zittire le sue parole riempiendo la sua bocca di me.

Per qualche minuto le avevo concesso l’opportunità di praticarmi del sesso orale, dopodiché l’avevo nuovamente sollevata per i capelli e spinta in direzione del muro obbligandola alla classica posizione a pecora.

Ero entrato in lei senza preavviso, con veemenza e privazione di gentilezza, per poi scoparla come si farebbe in un raptus accecante di follia sessuale, senza sosta e senza pensare al suo orgasmo che raggiunse allo stesso modo almeno un paio di volte prima di me.

Poco prima del gonfiarsi delle mie vene e dei miei testicoli rallentai per sussurrarle qualcosa all’orecchio. L’avrei inondata del mio piacere senza risparmiarne nemmeno una goccia. Al momento dell’orgasmo aumentai il ritmo fino a raggiungere il più estremo dei piaceri, riversando dentro di lei tutto il mio sperma, mentre la complicità sessuale tra noi era tornata alle stelle.