Agalmatofilia con la mia bambola d’infanzia

Agalmatofilia con la mia bambola d’infanzia

Quante ragazze possono affermare di essere rimaste legate ad un oggetto della propria infanzia, magari ad una bambola in particolare? Qualsiasi cosa è in grado di trasformarsi in un oggetto del desiderio sessuale più profondo, o almeno nel mio caso questo ragionamento si adatta alla perfezione.

Avevo sempre conservato la mia preziosa bambola di porcellana in stile Ottocento, un qualcosa di poco erotico in apparenza, ma un fascino differente dal resto dei giochi da collezione posseduti dalla maggior parte delle bambine.

La mia bambola di porcellana possedeva forme strettamente da donna, accennando un seno formoso e fianchi prosperosi, un viso giovanile e raffinato e lunghi boccoli scuri ricadenti sulle spalle.

A differenza del resto dei giocattoli comuni non si era logorata con il trascorrere degli anni, rimanendo fedele al suo stato originario, esposta a vista sulla mensola al di sopra della mia scrivania. Ogni volta in cui facevo ritorno a casa dai miei genitori potevo ritrovarli li, vestita di velluto marrone e stoffe sfumate in chiaro al di sotto.

Durante una delle visite di ritorno a casa mi ero lasciata trasportare dalla stanchezza e da una cena abbondante. A luci spente sul mio vecchio letto mi ero lasciata travolgere dal pensiero del mio stato da single, senza la necessità di vedermi al fianco di un uomo non potevo però venir meno ai desideri fisici e sessuali.

Masturbarmi non era mai stato un problema ma cedere a nuove forme di eccitazione, diverse dal solito, era risultato spesso difficoltoso. Fissando la mia vecchia bambola di porcellana però avevo avvertito un brivido risalirmi la schiena, forte della penombra su metà del suo viso data dal riflesso lunare in grado di filtrare dalla vetrata.

Il rossore dei suoi zigomi mi aveva fatto pensare ad una schiava sessuale, una donna soggetta al potere del proprio uomo a supremazia, forse quello che desideravo in quel momento ma che non avrei potuto avere a portata di mano, di bocca e di vagina.

Così, come se io stessa fossi diventata una dama d’altri tempi, nelle vesti di quella bambola, avevo immaginato di essere in preda al sudore e all’enfasi, in balia di un amante di nobile rango, soltanto per me.

Avevo condotto la mia mano al di sotto dei miei pantaloni per iniziare ad accarezzare il mio clitoride, come non avevo mai fatto prima, esplorandolo, cercando di percorrere con le dita la sua formazione e lasciandomi andare alla sensazione di bagnato e umidità sui miei slip.

Con la sola pressione dei polpastrelli mi ero lasciata andare al piacere intenso di una masturbazione lenta, ma allo stesso tempo progressivamente eccitante. Lo sguardo della bambola su di me mi aveva convinta a sfilarmi via i pantaloni per ritrovarmi senza slip con la voglia di lasciarmi penetrare dalle mie dita.

Dopo essermi concentrata sul mio clitoride per un pò avevo deciso di lasciarmi andare pienamente alle mie emozioni, penetrandomi con un dito all’interno di me. I movimenti erano diventati dapprima lenti per poi aumentare di grado e seguire la spinta del mio addome nel discendere verso il mio inguine.

Avevo inserito il secondo dito senza quasi rendermene conto, eccitata, bagnata e in preda al godimento, assumendo atteggiamenti veloci con la maestria di chi si masturbava da interi anni prima di lasciarmi sprofondare nell’orgasmo.

La bambola mi aveva accompagnato per tutto il tempo ed ero quasi certa di aver schizzato all’esterno il mio piacere, in direzione delle mie cosce all’apice di ciò che potevo raggiungere da sola, con le sole mie dita complici e dannatamente eccitanti, forti della loro esperienza.