Masturbazione in Pubblico, le Voglie Improvvise di Camilla

Masturbazione in Pubblico, le Voglie Improvvise di Camilla

Avevo sempre pensato che i preliminari fossero l’anticamera del piacere più profondo, maggiore della penetrazione in sé, in quanto le mani più esperte in grado di rilasciare il picco massimo al momento dell’orgasmo ritornano prima o poi ad essere solamente le proprie.

Contrariamente alla maggior parte del mio gruppo di amiche non avevo mai negato di masturbarmi spesso e volentieri, proprio come il bisogno di dover dormire, di dover mangiare, di dover respirare, di dover sorridere o piangere. Trattenere a lungo una voglia, un pensiero, un desiderio, si era sempre dimostrato controproducente, almeno per me.

Proprio come la maggior parte delle persone mi ero sempre limitata a raggiungere il mio piacere nel privato, lontano da occhi indiscreti e da una possibile denuncia per atti osceni in luogo pubblico, almeno fino a qualche tempo fa, nel bel mezzo di una serata afosa di fine agosto, quando mi ero ritrovata in direzione del parco lungo la strada del ritorno da una serata alquanto deludente.

Non mi sentivo particolarmente eccitata ma la mia attenzione venne attratta dai lamenti di piacere di una coppia all’interno di un’automobile appostata sul ciglio della strada, nella penombra della luce di un lampione poco lontano e degli alberi.

Il rischio ad un orario tanto tardivo da quelle parti era proprio quello di imbattersi nei guardoni appostati tra i cespugli delle siepi, ma in quel caso mi era sentita io stessa parte di quella schiera di persone bisogne di una visione veritiera per raggiungere l’estrema eccitazione di sé.

Invece di proseguire il mio cammino verso casa a testa bassa avevo così deciso di fermarmi su di una panchina deserta, sufficientemente vicina all’auto e ai suoi due passeggeri incuranti di me. L’idea di poter essere a mia volta spiata da occhi indiscreti mi aveva provocato una sorta di piacere nuovo e inatteso che si era riversato come acqua densa fra le mie gambe, bagnando anche i miei slip.

Indossavo un vestito primaverile chiaro, corto come la vertigine di non potersi piegare senza provocare agli uomini alle spalle il desiderio di arrivare a toccare i miei glutei.

Mi era bastato divaricare le gambe per portare le mie dita in direzione degli slip, per scegliere di intrufolarmi all’interno di me dopo aver accarezzato il mio clitoride. La visuale sull’auto mi consentiva di intravedere un giovane uomo impegno con le labbra sui capezzoli della propria compagna o amante, per poi assumere chiaramente una posizione da penetrazione a cavalcioni da parte della stessa.

Ad un certo momento ero quasi sicura di poter affermare almeno la presenza di un paio di occhi indiscreti dei guardoni maggiormente interessati alla divaricazione delle mie gambe piuttosto che sulla coppietta in auto.

Mi ero unita ai loro lamenti e soffocando l’istinto di urlare ad ogni aumento incalzante da parte delle mie dita all’interno della vagina ormai fradicia, finché persino la cavalcata della ragazza che osservavo con la coda dell’occhio aveva avuto termine per abbassarsi con la bocca in direzione dell’orgasmo del suo uomo, scomparendo anche alla mia vista.

Ero riuscita a trattenere l’orgasmo molto più a lungo del solito, decidendo di sfilare via anche gli slip per lanciarli a ridosso di un cespuglio oltre il quale scomparirono, probabilmente fra le mani e in direzione delle narici di uno sconosciuto.

Dopo l’ultima pressione con le dita mi ero lasciata andare, convinta d’aver attirato anche l’attenzione dei giovani in auto che si erano velocemente affrettati a lasciare il ciglio della strada, mentre per me quella panchina divenne in seguito un assiduo punto di sosta notturna dove potermi masturbare in pubblico.